Autolesionismo in adolescenza

L’autolesionismo in adolescenza è un fenomeno complesso. Nell’attuale revisione del DSM -5 The Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition, il comportamento è stato inserito nel capitolo “Condizioni che necessitano di ulteriori studi”, si tratta di condizioni cliniche per le quali si attendono ulteriori dati provenienti dalle ricerche.

I dati ad oggi disponibili mostrano che la prevalenza del comportamento autolesivo presenta un’incidenza di circa il 19% degli adolescenti di tutto il mondo, colpendo dall’1,5% al 6,7% dei bambini e adolescenti senza disturbi psichiatrici mentre gli adolescenti con disturbi psichiatrici manifestano più frequentemente episodi singoli (60%) o ripetuti (50%) di autolesionismo non suicidario. 

I risultati delle ricerche evidenziano inoltre che il comportamento tende a decrescere con il tempo, suggerendo che con il tempo l’individuo sviluppi nuove abilità oppure tenda a sostituire il comportamento autolesivo con altri comportamenti.

L’esordio precoce rappresenta uno dei fattori di rischio per il comportamento suicidario in giovane età.

Tali dati invitano ad approfondire il tema con l’obiettivo di capire il comportamento autolesivo, per poterlo affrontare e imparare a gestirlo.

La comprensione dei processi sottostanti rappresenta un aiuto prezioso non solo per coloro che soffrono per questa condizione, ma anche per i genitori che, preoccupati, chiedono un supporto psicologico per i figli.

È una condizione di sofferenza di cui si tende a parlare poco a causa di potenti emozioni che accompagnano questa esperienza, vissuta con vergogna o con senso di colpa.

Secondo la definizione del DSM-5  l’autolesività non suicidaria è la condizione in cui  l’individuo infligge  intenzionalmente danni al proprio corpo ed è assente l’intenzionalità suicidaria, perché la persona lo afferma e comunque l’aspettativa della persona è che la ferita porti a danni fisici lievi o moderati.

L’autolesionismo non suicidario può manifestarsi in diverse forme, alcuni comportamenti autolesivi possono essere ad esempio  tagliarsi, bruciarsi, colpirsi, incidersi la pelle, infliggersi graffi.

QUALI SONO I MOTIVI

Le motivazioni dietro l’autolesionismo possono variare. Non sempre le persone hanno una chiara risposta alla domanda sui motivi per cui mettono in atto questo tipo di comportamento. 

Per alcuni soggetti il comportamento autolesivo fa sentire la persona di avere maggior controllo sugli eventi; per altri rappresenta una modalità di comunicazione della propria sofferenza che altrimenti non sarebbe notata.

Il comportamento autolesivo può essere associato anche ad altre condizioni cliniche come, ad esempio, quadri depressivi o disturbi del comportamento alimentare.

Qui si intende approfondire il comportamento autolesivo quando rappresenta una strategia per regolare degli stati affettivi e mentali, come emozioni intense o pensieri negativi.

Rappresenta una strategia che permette di evitare o sfuggire le esperienze interne che sono difficili da regolare o tollerare per la persona.

Si può descrivere il processo dell’autolesionismo come un ciclo che solitamente comincia con uno stimolo che elicita una risposta emotiva: può essere uno stato affettivo come l’ansia o la solitudine, ad esempio, ma può essere individuato anche in una esperienza particolarmente disturbante quale può essere un episodio in cui la persona si è sentita esclusa o criticata.

Queste circostanze possono creare le condizioni perché il soggetto adotti una strategia di evitamento emozionale.

L’autolesionismo riduce l’esperienza interna indesiderata e si associa ad un senso di sollievo. Possono seguire però quasi sempre emozioni di colpa e vergogna che la persona sente come intollerabili e rappresentano lo stimolo per avviare nuovamente il ciclo.

L’esperienza di sollievo rappresenta un effetto desiderato associato al comportamento autolesivo e questo aumenta la probabilità che la persona lo adotti anche la volta successiva. Con il tempo il comportamento autolesivo si può strutturare in una risposta condizionata che la persona mette in atto in modo automatico.

L’esperienza emotiva è particolarmente intensa per la persona da non riuscire a regolarla con le strategie che possiede o queste possono risultare poco efficaci.

In altre circostanze la difficoltà per l’individuo ha a che fare con la tolleranza della sofferenza per la quale non possiede le abilità necessarie.

COME SI PU0’ AFFRONTARE

Affrontare l’autolesionismo richiede un approccio sensibile e comprensivo. La persona ha bisogno di sentire validati i propri pensieri, sentimenti e comportamenti.  

È importante una relazione che comunichi alla persona che i suoi pensieri, le sue sensazioni hanno senso e sono comprensibili. La validazione di per sé già aiuta ad abbassare l’intensità dell’esperienza emozionale e sostiene l’autostima, il rispetto di sé e il senso di autoefficacia.

La validazione si affianca all’apprendimento di nuove strategie di regolazione emozionale e di abilità di tolleranza della sofferenza.

La terapia cognitivo-comportamentale (CBT), la terapia dialettico-comportamentale (DBT) si ritengono efficaci nel trattare l’autolesionismo in quanto sostengono la persona in quelle abilità per il miglioramento della tolleranza alla sofferenza e di regolazione emozionale.

Molto importante è anche il supporto sociale, attraverso una comunicazione validante si può apprendere l’abilità a discutere delle proprie difficoltà e a cercare aiuto per risolvere i problemi.

BIBLIOGRAFIA e risorse online

American Psychiatric Association Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM 5 Cortina Editore

©2022 Progetto “Vivere Meglio – Promuovere l’accesso alle terapie

psicologiche” Sito web: viveremeglio.enpap.it 

https://www.ospedalebambinogesu.it/autolesionismo-79956