Come si riconosce l’esistenza di una conflittualità con il cibo?
Alla base di un rapporto conflittuale con il cibo è possibile ritrovare un intreccio di aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali.
Un indicatore per orientarci è che evitiamo di esporci ad un cibo o a più cibi, ad esempio, scegliendo di non comprarlo o di non prepararlo perché sentiamo di non riuscire a darci un limite.
Possiamo riconoscere la presenza di una conflittualità anche quando rinunciamo ad un alimento perché troppo costoso; o ancora quanto lo pensiamo eccessivamente calorico e lo etichettiamo nella nostra mente come “cibo proibito”.
Questo intreccio di pensieri sul cibo, su ciò che dobbiamo o non dobbiamo fare, di emozioni connesse e di scelte che diventano schemi di comportamento, con il tempo si trasformano in automatismi, tra l’altro, molto potenti che riproponiamo al di fuori della consapevolezza e che ci ingabbiano in risposte sempre uguali a sé stesse.
COSA MANTIENE UN RAPPORTO CONFLITTUALE CON IL CIBO?
In generale sembra che ci sia l’esperienza che il rapporto con il cibo sia sempre difficile perché comporta rinunce o forti limitazioni.
È implicita la convinzione che non ci siano altri modi per regolare il rapporto con il cibo se non attraverso il controllo dell’alimentazione rispetto a cosa mangiamo e a quanto ne mangiamo.
O lo evito o lo finisco tutto
Una strategia è appunto l’evitamento dei cibi tabù e la seconda strategia è rappresentata da quei comportamenti di “attacco al cibo” quando ad esempio finiamo tutti i biscotti perché il pensiero di averne ancora a disposizione non ci lascia tranquilli.
A breve termine l’evitamento funziona ma a lungo termine può strutturarsi in una fase di uno schema di risposta del tipo: “non lo compro perché altrimenti lo finisco tutto”.
Con un comportamento di evitamento di fatto non abbiamo la possibilità di allenarci a regolare sensazioni e impulsi così anche a fare una scelta alimentare serena e consapevole rispetto al cibo in generale.
Ci regoliamo attraverso una limitazione, operiamo di fatto un controllo e nel tempo il rischio di perdita di controllo diventa più alto così come il potere attrattivo di quel cibo proibito.
La sensazione che ne deriva è di non avere potere nel gestire le proprie reazioni. Per assurdo è come se il potere risiedesse nel cibo di fronte al quale sono possibili due opzioni “evito o finisco tutto”.
Ignoriamo che il comportamento alimentare è originariamente regolato dai segnali di fame e di sazietà e questo implica l’esistenza di una sintonia tra corpo e comportamenti alimentari come iniziare a mangiare quando sentiamo la fame o smettere di mangiare quando sentiamo la sazietà.
Le esperienze con il cibo e/o le pratiche educative possono aver contribuito ad una graduale perdita di contatto con i segnali del nostro corpo in particolare i segnali di fame e di sazietà per cui sembra possibile fare affidamento solo su due strategie di regolazione del disagio sperimentato di fronte a questi cibi pensati come tabù.
COME CI POSSIAMO AIUTARE?
Come possiamo recuperare un rapporto sereno, saggio e positivo con il cibo, l’alimentazione e il nostro corpo?
Regolazione emozionale e controllo dell’impulso
Un buon modo potrebbe essere quello di imparare a regolare la sensazione di ansia e allenarsi ad adottare una strategia diversa da” o lo evito o lo finisco tutto”.
È utile vivere questi momenti portando attenzione a quanto accade rallentando i tempi e osservando i nostri processi.
Allenarsi a rallentare significa allenarsi a portare l’attenzione a ciò che sta accadendo dentro di noi in termini di pensieri, sensazioni e cosa saremmo spinti a fare.
In questo modo diventiamo consapevoli del nostro stile alimentare che solitamente è diventato il frutto di un processo automatico.
Accanto a questo allenamento quotidiano è utile anche rieducarci a riconoscere i segnali del nostro corpo, esercitandoci con i segnali della fame, della sazietà e della pienezza.
Questo semplice esercizio riproposto nella quotidianità permette di aumentare la nostra capacità di tollerare le sensazioni di disagio davanti ad un cibo tabù.
È in questo modo che usciamo dall’automatismo: portando attenzione a ciò che sta accadendo in noi davanti ad un cibo aumentano le opzioni a nostra disposizione.
Questi aspetti sono ad esempio momenti di lavoro affrontati in un percorso di MB -EAT (Mindfulness Based Eating Awareness o Training di Consapevolezza Alimentare Basato sulla Mindfulness).
Un approccio metodologico al comportamento alimentare che si rivela efficace nelle situazioni di fame emotiva e di sovra alimentazione.