Quando l’amore sembra difficile

La richiesta di aiuto psicologico in seguito alla conclusione di una relazione affettiva può essere motivata dal bisogno di trovare una risposta di contenimento alla sofferenza emotiva, ma spesso ciò che muove verso una richiesta di aiuto psicologico, è la necessità di approfondire alcune intuizioni riguardo la propria vita affettiva e la qualità dei legami fin qui costruiti.

Può darsi il caso che tra i temi emergenti ci sia l’impressione che le proprie relazioni sembrano ripercorrere copioni simili, oppure l’aver notato che all’interno di una relazione si tende a compiacere il partner non riuscendo a portare i propri desideri e i propri valori o ancora, perché si è giunti alla conclusione che si sono collezionate esperienze affettive nelle quali i propri bisogni sono stati sistematicamente minimizzati se non ignorati.

Come far emergere i processi che possono aiutare la persona a comprendere quanto sta accadendo nei legami affettivi?

Una prima lente può orientarsi sul sistema dell’attaccamento inteso come sistema motivazionale che regola la richiesta di cura  ed è presente in tutte le fasi del ciclo di vita.

Si può ipotizzare, come suggerisce Bowlby, che le relazioni di attaccamento infantile rappresentino prototipi piuttosto stabili delle successive relazioni che si sviluppano in adolescenza e poi in età adulta.

Per comprendere allora la dinamica della relazione amorosa adulta può essere utile esplorare gli stili di attaccamento e portare alla luce quei modelli interni o prototipi di cui parla Bowlby che permettono di riflettere sul funzionamento relazionale e nello specifico riguardo alle aspettative, ai bisogni, alle strategie di regolazione emozionale e comportamentale che la persona porta nella dinamica relazionale. 

E sempre grazie al modello dell’attaccamento si può guardare a come vengono affrontate e risolte, all’interno della coppia, le questioni centrali per il sistema motivazionale dell’attaccamento: la vicinanza, l’esplorazione, la ricerca di sicurezza, l’ansia, l’evitamento.

All’interno del modello di attaccamento, le relazioni interpersonali si definiscono appunto legami di attaccamento, e la qualità dei primi legami favorisce le diverse configurazioni che si utilizzeranno per orientarsi nei successivi legami affettivi.

L’approfondimento delle diverse configurazioni aiuta a comprendere le aspettative, i bisogni, le strategie di regolazione riguardo a bisogni importanti come la rassicurazione, la comprensione, la valorizzazione.

Queste dimensioni aiutano a riflettere sul modello di relazione che si è costruito grazie alle esperienze vissute e orientano alla comprensione delle aspettative che la persona nutre sulla qualità delle risposte attese dal partner in riferimento ai propri bisogni di supporto, di conforto, alle richieste di aiuto e di vicinanza, ai propri stati affettivi.

Quali esperienze di legame hanno contribuito a formare i modelli interni?

Una seconda analisi che può aiutare a comprendere ciò che è implicato nella qualità del legame amoroso può andare ad approfondire quel tipo di modello costruito e conoscere il tipo di esperienza che è stata fatta nei primi legami affettivi e come questi hanno contribuito a costruire il modello interno del quale si scriveva poco fa.

Questo focus aiuta a far emergere delle esperienze relazionali ricorrenti nella storia infantile e che hanno contribuito a costruire i modelli interni che, come delle bussole, orientano nelle successive relazioni interpersonali.

Allora è possibile che la narrazione della propria infanzia aiuti a stabilire un collegamento con quanto accade nel presente e si possa riconoscere che oggi come allora i sentimenti e i bisogni non erano stati notati.

Si conserva magari il ricordo di sé stessi “bravi bambini” perché non si dava troppo fastidio, riuscendo anche a recuperare quella antica intenzione che era, forse, di far contenti i propri genitori.

Una infanzia nella quale non si avanzavano eccessive richieste di cura. 

A partire da questo, si apre la possibilità di riflettere sulla strategia di regolazione che si è utilizzata in quel momento della vita e che si nota si sta mantenendo da adulti rispetto a come regolare le emozioni negative.

Si potrebbe avere imparato a distanziarsi emotivamente da situazioni che alimentano paura, sconforto o tristezza.

Questa strategia di regolazione emozionale può far sentire come anestetizzati in quelle situazioni in cui il bisogno di aiuto, conforto o rassicurazione non ricevono delle risposte di attenzione e di cura e al contempo potrebbe agire un processo di normalizzazione attraverso il quale si reputa, appunto normale, che la propria esperienza emotiva non sia colta o non riceva risposte adeguate.

Benché la persona possa riconoscere che le esperienze infantile hanno impattato sul proprio funzionamento attuale, riuscendo anche a cogliere in modo più sensibile gli esiti nei propri schemi relazionali, può tuttavia rimanere la difficoltà ad individuare come modificarli.

Alcuni interventi suggeriti

Il percorso psicologico può sviluppare risorse su più piani di intervento.

Ad esempio, un intervento di tipo psicoeducativo che aiuti a identificare e riconoscere all’interno di una relazione affettiva i comportamenti amorevoli da quelli scarsamente nutrienti.

Si può immaginare questa risorsa come una mappa che sia utile ad orientarsi in modo protettivo all’interno di un legame, riuscendo a riconoscere ciò che fa stare bene in una relazione da ciò che invece può pregiudicare la salute mentale.

Un secondo livello di intervento può riguardare il miglioramento della capacità di entrare in contatto con la propria esperienza sensoriale ed emozionale e sviluppare strategie di regolazione delle esperienze difficili maggiormente adattive rispetto al distanziamento emotivo, come ad esempio la ristrutturazione cognitiva, il problem-solving e l’accettazione non giudicante dell’esperienza.

Potrebbero essere utili gli strumenti di intervento di cui dispone la Terapia Focalizzata sulla Compassione, che non si può trattare in questo spazio, ma che per un suo approfondimento si rimanda alla lettura di un precedente focus di approfondimento.

Un terzo livello di intervento potrebbe ritenersi necessario riguardo a quelle esperienze che attualmente sono ancora percepite disturbanti e che potrebbero essere emerse nella narrazione della storia evolutiva. È una conoscenza ben supportata da dati di ricerca, l’impatto traumatico che possono avere specifiche esperienze infantili, definite Esperienze Infantili Avverse, sulla salute mentale delle persone anche a distanza di molti anni. 

Come raccomandato dalle linee guida internazionali per il trattamento delle conseguenze psicologiche delle esperienze traumatiche uno degli approcci terapeutici indicati è il metodo EMDR – Eyes Moviment Desentisitetion Reprocessing. 

Bibliografia

Attaccamento e costruzione evoluzionistica della mente. Normalità, patologia, terapia – Grazia Attili – Cortina Editore-

I sistemi motivazionali nel dialogo clinico – Il Manuale AIMIT – a cura di G. Liotti e F. Monticelli – Cortina Ed.