L’insonnia rappresenta un problema per quasi 12 mila italiani. Questo è il dato reso noto dall’Associazione Italiana Medicina del Sonno AIMS. Uno degli effetti della pandemia è l’aumento dei disturbi del sonno. In particolare nel periodo gennaio-giugno 2020 durante il lockdown le ricerche su Google con oggetto l’insonnia sono aumentate del 58% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Il sonno è un bisogno primario per questo una buona qualità e una sufficiente quantità di sonno favorisce il benessere dell’individuo.
La persona che soffre d’insonnia descrive una generale insoddisfazione riguardo alla quantità e qualità del sonno. La persona potrebbe lamentare una difficoltà ad addormentarsi oppure risvegli frequenti e prolungati.
Un cattivo sonno che magari si protrae per un lungo tempo impatta sul funzionamento dell’individuo in ambito sociale, lavorativo in altre aree importanti della vita.
Solitamente la persona osserva stanchezza, irritazione, difficoltà di mantenimento della concentrazione e dell’attenzione.
Coloro che soffrono lungamente a causa di una qualità e/o quantità insufficiente di sonno, corrono un rischio maggiore di sviluppare forme depressive e patologie organiche.
E’ importante capire se si tratta di insonnia acuta, transitoria oppure cronica perché questo indicatore orienta la scelta dell’intervento più opportuno.
Un criterio importante per fare questa distinzione è la durata. L’insonnia della durata inferiore ad un mese è generalmente una insonnia acuta, transitoria spesso la persona sa ricollegarla ad eventi ben precisi, stressanti o anche a patologie acute e dolorose.
Insonnia situazionale
L’insonnia può manifestarsi in qualsiasi momento della vita in concomitanza di eventi o cambiamenti improvvisi e di solito si risolve dopo un periodo di adattamento e un ritrovato senso di equilibrio.
A volte accade che l’insonnia continui anche dopo la scomparsa dei fattori precipitanti.
In questi casi è probabile che le strategie adottate per tentare di aumentare le ore di sonno oppure di migliorarne la qualità, abbiano contribuito a rinforzare il problema anziché risolverlo.
Non riuscire a prendere sonno, girarsi e rigirarsi nel letto, sono esperienze ben note per coloro che soffrono di insonnia e generano frustrazione e senso di impotenza.
L’impressione è che nulla funzioni veramente se non per qualche breve momento e che l’insonnia sia un problema senza soluzione.
In realtà ciò che emerge è che le persone hanno tentato diverse soluzioni nel tempo che però ad attenta analisi risultano tentativi poco organizzati o addirittura di ostacolo per il sonno.
Quali tentate soluzioni alla difficoltà di addormentamento si contano ad esempio delle strategie che invece sono controproducenti come l’uso dello smartphone – schermo a luce blu – inibisce la produzione di melatonina, ormone che svolge un ruolo fondamentale nel sistema circadiano a cui è affidata la regolazione del ritmo sonno-veglia.
Un altro esempio di tentata soluzione è la scelta di restare a letto nella speranza di addormentarsi.
Per chi fatica ad addormentarsi, scegliere di restare a letto aspettando che arrivi il sonno, struttura nel tempo una associazione tra letto e insonnia.
Ecco che proseguire con questa strategia comportamentale anziché conciliare il sonno, lo ostacola poiché favorisce un processo di condizionamento psicologico disfunzionale.
Per migliorare il proprio sonno è importante comprendere quale sia il contributo attivo al problema dell’insonnia. Ciò restituisce un senso di efficacia e permette di mettere in atto cambiamenti organizzati e funzionali.
Rimedi
Purtroppo quando l’insonnia si è strutturata in una forma cronica, il problema per la persona diventa l’insonnia stessa.
Quando si descrive l’insonnia cronica, si sottolinea che questo disturbo è sostenuto da diversi fattori: cognitivi, affettivi e comportamentali che possono interagire tra loro e creare un “circolo vizioso” che disturba la qualità o la quantità di sonno.
In un’ottica di prevenzione potrebbe rivelarsi importante nelle forme acute già individuare la presenza di fattori che potrebbero contribuire allo strutturarsi di una forma cronica.
Un intervento psicoeducativo può rivelarsi davvero prezioso.
Analizzare il proprio stile di vita, riconoscere le proprie abitudini nella fase precedente all’addormentamento e favorire il rilassamento permettono di scegliere in modo puntuale come modificare comportamenti e atteggiamenti che danneggiano il sonno.
Prepararsi al sonno
Sembra utile predisporre un programma che indichi una serie di azioni da mettere in atto almeno un’ora prima di andare a dormire.
Il programma sarà costruito sulla base delle proprie esigenze ma dovrebbe includere quelle attività che predispongono al sonno come ad esempio smettere di lavorare, indossare il pigiama, lavarsi i denti e passare un po’ di tempo optando tra alcuni passatempi leggeri e rilassanti (guardare un film, ascoltare musica).
Nell’insonnia, anche se acuta, la persona esperisce uno stato di tensione, nervosismo, agitazione, ansia e spesso nella difficoltà di addormentamento si riscontrano processi di pensiero come la ruminazione e il rimuginare.
Il quadro appena descritto riconduce ad una forte attivazione dello stato di vigilanza – iperarousal – che impedisce il rilassamento – lo stato che predispone all’addormentamento.
Si rivelano efficaci le tecniche di rilassamento muscolare, tecniche del controllo del respiro l’utilizzo di immagini mentali che inducono sensazioni di calma e benessere.
William Bushell ricercatore del Massachusetts Institute of Technology ha riscontrato che la meditazione stimola la produzione della melatonina, un ormone con funzione di regolatore del ciclo sonno-veglia.
La meditazione praticata nelle ore serali favorisce la preparazione dello stato mentale che concilia il sonno.
Conclusione
In un’ottica di prevenzione è utile monitorare l’evolvere dell’insonnia e introdurre alcuni cambiamenti ad esempio nel proprio stile di vita, nelle proprie abitudini che possano contribuire a recuperare un miglior equilibrio psicofisico.
In questo può essere di aiuto anche un intervento psicologico di tipo psicoeducativo focalizzato ad accompagnare la persona ad individuare quegli accorgimenti da introdurre per modificare i comportamenti controproducenti ed apprendere delle tecniche di rilassamento e di respirazione.
L’intervento psicoeducativo è parte integrante del CBT- I, il trattamento cognitivo-comportamentale non-farmacologico per l’insonnia, raccomandato dalle linee guida europee per la diagnosi e il trattamento dell’insonnia, che permette di ottenere risultati efficaci con un intervento breve e mirato.
Bibliografia
COLIN A. ESPIE, Superare l’insonnia. Come dormire meglio con la terapia cognitivo- comportamentale. Edizioni Erickson.
MICHAEL L. PERLIS, CARLA R. JUNGQUIST, MICHAEL T. SMITH E DONN POSNER. Il trattamento cognitivo-comportamentale dell’insonnia. Linee guida per la pratica clinica. Franco Angeli Editore.