Aspirare ad un miglioramento e cercare di eccellere possono essere degli aspetti di intrinseca positività quando imprimono una crescita personale e rispondono al bisogno di auto realizzazione.
In questa chiave di lettura si è di fronte ad una risorsa, che può contribuire ad un buon adattamento dell’individuo.
Questa tensione può diventare oggetto di attenzione clinica nel momento in cui la persona si pone degli standard elevati in uno o più domini della propria vita e associa a tali standard la valutazione del sé.
La prestazione in tali aree coincide con il valore della persona e questo impatta in modo disfunzionale pregiudicando il benessere e la qualità della vita.
Il perfezionismo clinico è il termine coniato da Shafran e colleghi per descrivere la condizione in cui la valutazione del sé dipende eccessivamente dal raggiungimento di standard personali autoimposti ed esigenti.
Le dimensioni del perfezionismo
Il perfezionismo clinico può manifestarsi con espressioni diverse, non necessariamente devono essere tutte presenti nel repertorio emotivo, cognitivo e comportamentale della persona.
Per portare solo qualche esempio per ogni dimensione appena indicata è possibile ritrovare: paura di fallire per non raggiungere gli standard autoimposti, evitamento delle prove per timore che la propria prestazione non sia adeguata e come ulteriore esempio, maggiormente legato alla dimensione cognitiva, la tendenza a sottovalutare i successi raggiunti e ad alzare gli standard.
Gli effetti negativi del perfezionismo
Il perfezionismo ha degli effetti negativi che possono ricadere nell’ambito emotivo come depressione e ansia, nell’ambito del comportamento sociale con aspetti di limitazioni della socialità fino a forme di isolamento, restringimento di interessi e di attività piacevoli; sul versante somatico si potrebbe ritrovare insonnia, stanchezza, tensione muscolare e l’area cognitiva potrebbe presentare preoccupazione per la prestazione, scarsa concentrazione, ruminazioni, autocritica, valutazione negativa di sé.
Le conseguenze negative subiscono una ridefinizione alla luce dello schema cognitivo disfunzionale.
Vale a dire che gli effetti negativi vengono interpretati come evidenze dello sforzo necessario per raggiungere gli standard imposti e così finiscono per essere rinforzati e mantenuti all’interno del processo disfunzionale.
Marginalizzazione dei domini di vita
Gli standard elevati possono riguardare uno o più domini di vita della persona. Si parla di marginalizzazione di altre aree della vita che comporta una restrizione del focus su uno o più ambiti individuati dall’individuo nei quali porre standard elevati di prestazione.
La marginalizzazione ha tra gli effetti collaterali la riduzione di interessi e di occasioni di coinvolgersi in attività piacevoli e gli ambiti di vita prescelti vengono sovrastimati e rappresentano gli unici riferimenti ai quali ancorare la valutazione del sé.
Per fare qualche esempio ci si trova di fronte ad un processo di marginalizzazione nel momento in cui si rinuncia alle occasioni per frequentare gli amici, andare al cinema o prendersi delle pause impegnandosi in attività piacevoli utili a recuperare energia.
Queste attività vengono appunto marginalizzate perché all’interno dello schema di pensiero perfezionista sono ritenute attività che interferiscono con il raggiungimento degli standard.
Quali possibili esiti
Qualora la prestazione non raggiunga gli standard desiderati, la valutazione negativa del sé si potrebbe associare ad un sentimento di sconfitta e di insuccesso che aumentano il rischio di ripercussioni sul benessere della persona.
La ricerca ha evidenziato la presenza del tratto di perfezionismo clinico in diversi quadri clinici come depressione, forme di ansia, come fattore di rischio nei disordini e disturbi alimentari e infine sembra presente nelle forme ossessivo-compulsivo.
Intervento
L’obiettivo di cambiamento per recuperare o ripristinare una sensazione di maggior benessere è di imparare a valutarsi in modo meno dipendente dalla prestazione.
Ciò non coincide con il perseguire necessariamente prestazioni di tipo mediocre, perché il desiderio di migliorarsi e di evolvere è una risorsa da coltivare.
Il primo passo in questo percorso di cambiamento è di riconoscere i meccanismi che mantengono il perfezionismo e da qui riconsiderare e modificare i diversi processi sottostanti.
Per alcuni può essere utile intraprendere un percorso psicologico per lavorare sui meccanismi sottostanti che mantengono la ricerca del perfezionismo.
Per coloro che desiderassero approfondire il tema si consiglia la lettura di Vincere il perfezionismo, testo da cui è tratto questo articolo e i cui riferimenti si possono ritrovare in bibliografia.
Bibliografia
Vincere il perfezionismo di Lucia Camporese Massimiliano Sartirana Riccardo Dalle Grave, Edizioni Positive Press