Cibo e pensiero

I disordini del comportamento alimentare possono compromettere il benessere della persona e sono note le ricadute sulla salute fisica e psichica.

La conflittualità nel rapporto con il cibo si comprende, approfondendo i processi mentali e gli automatismi sui quali si regge.

Proseguendo nella lettura, attraverso alcuni esempi di comportamento alimentare che rimandano ad un rapporto conflittuale con il cibo o ad un disordine alimentare, si potrà far emergere il rapporto che intercorre tra comportamento alimentare e processo mentale sottostante.

Comportamenti alimentari conosciuti come “fame nervosa” oppure comportamenti alimentari nei quali sono presenti periodi di sovra alimentazione, solitamente vengono affrontati dalle persone ricorrendo a programmi alimentari che prevedono l’introduzione di cambiamenti riguardo alla pianificazione dei pasti o rispetto alla riduzione della quantità di cibo assunta durante i pasti.

Ciò che caratterizza la natura di questo tipo di interventi, è che si sta affidando la regolazione del comportamento alimentare ad un controllo esterno attraverso il quale si stabilisce in anticipo quale cibo assumere e in che quantità.  

L’intenzione è quella di trovare una modalità per controllare l’assunzione di cibo perché sembra l’unica efficace per gestire il bisogno di nutrirsi e per controllare il desiderio del cibo.

La tendenza a riprendere peso dopo un certo periodo di tempo dalla conclusione di una dieta ipocalorica sembra un fenomeno abbastanza comune. Perché accade questo? 

Quando, per la comprensione di questa esperienza, ci si affida all’idea della forza di  volontà, ciò che consegue è  l’accendersi di una parte di Sé,  critica e giudicante, che etichetta la persona come debole per il fatto di non essere stata in grado di resistere alle tentazioni o per non aver saputo portare avanti il programma alimentare stabilito.

La capacità di controllare le quantità di cibo e la qualità del cibo, sembra collegata, nel pensiero di alcune persone, a qualità proprie della personalità. Nel momento in cui si manifesta un cedimento, perché diventa più faticoso mantenere il controllo sull’assunzione di cibo, è facile avviare una forma di auto critica.

In realtà un approccio basato esclusivamente sulla riduzione delle porzioni rappresenterebbe secondo i risultati di una ricerca, un comportamento difficile da sostenere e che alla lunga affatica la persona (Vazin et al., 2016; Yarborough et al., 2016).

Altri aspetti tipici di un modello restrittivo dell’alimentazione come la pianificazione dei pasti l’utilizzo dei diari alimentari, non sembrano rivelare grande efficacia nel lungo periodo se l’approccio non prevede anche un ingrediente: il pensiero (Wansink, 2004; Carriere, Khoury, Gunak e Knauper 2017).

Cerchiamo di approfondire questo punto e di comprendere in che rapporto si trovano l’atto dell’alimentarsi con il pensieroe cosa significa concretamente introdurre il pensiero nel comportamento alimentare.

Mangiare con il pensiero

Per comprendere il senso di questo invito a portare il pensiero nel comportamento alimentare, si può cominciare precisando i diversi processi mentali coinvolti.

Il pensiero è qui inteso come la capacità di orientare l’attenzione verso ciò che sta accadendo nella propria esperienza: orientare l’attenzione per diventare consapevoli di ciò che sta accadendo in termini di sensazioni, pensieri, intenzioni ed emozioni di fronte ad un cibo.

La nostra esperienza mentale a volte è molto veloce e si attivano degli schemi in modo automatico, al punto che si potrebbe essere poco o per nulla consapevoli degli automatismi attivi in quel momento. 

Con il termine automatismo ci si riferisce a schemi mentali, strutturati nel tempo, i quali collegano diversi aspetti dell’esperienza mentale, come convinzioni, emozioni e sensazioni.

Un esempio potrà aiutare il senso di questo termine. Cosa ci potrebbe accadere davanti ad un piatto di cibo? Potremmo finire tutto il cibo perché avevamo fame, o perché è una abitudine che abbiamo imparato da piccoli quella di finire tutto quello che c’è nel piatto o ancora sentiamo un senso di colpa a lasciare nel piatto del cibo o forse quel cibo è per noi speciale perché ce lo concediamo raramente e non vogliamo perdere l’occasione!

Un solo esempio che lascia trasparire i molti pensieri implicati. Il cibo non è più solo un atto con il quale ci nutriamo per mantenere sano il corpo e con un buon funzionamento, ma si riempie di pensiero sotto forma di convinzioni, valori, aspettative, ricordi, emozioni.

Ma tutto questo complesso e articolato sistema può rimanere al di fuori della nostra consapevolezza a meno che non si porti l’attenzione a ciò che sta accadendo in quel preciso momento mentre si ha davanti un piatto di cibo.

Immaginiamo per un momento che questo blackout sia presenta in una percentuale del 70 o dell’80 per cento del nostro comportamento alimentare, riusciamo più facilmente a comprendere la forza degli automatismi e il legame che questi possono avere con l’assunzione in eccesso di nutrienti?

Recuperando l’esempio del piatto pieno di cibo, un fatto curioso e interessante, è che nella decisione di quando terminare il pasto e smettere di mangiare, non si faccia riferimento al senso di sazietà e di pienezza, segnali che, sappiamo, per alcune persone sono difficili da riconoscere.

Imparare a orientare la propria attenzione può diventare veramente una esperienza sorprendente! Potrebbero emergere pensieri e stati d’animo che non si immaginava presenti in quel dato momento e diventare consapevoli di questa esperienza mentale aiuta a ricondurre il comportamento alimentare sotto la guida dei segnali di sazietà e di pienezza.

Collegare il comportamento alimentare ai segnali di sazietà e di pienezza, significa affidarsi alla propria saggezza interiore.

Rieducarsi a leggere i segnali del proprio corpo, diventa l’obiettivo di un lavoro di osservazione della propria esperienza che permette di riconoscere e smontare le convinzioni e le aspettative che guidano il comportamento alimentare.

Allenarsi a mangiare con consapevolezza

Può diventare una esperienza piacevole e divertente nella quale, per l’appunto, allenarsi!

 E il Mindful Eating offre l’occasione per imparare un modo per rimodulare il proprio comportamento alimentare riportandolo ai segnali del proprio corpo, imparando a identificare i segnali e distinguerli dalle sensazioni somatiche che possono rimandare piuttosto alle emozioni che non alla fame.

In ogni incontro si approfondisce un tema, ad esempio che cos’è la mindfulness, le abilità del mangiare consapevole, i segnali di pienezza e di sazietà – si partecipa  con delle brevi meditazioni che poi si ripetono a casa attraverso  delle tracce audio, si fanno delle meditazioni sul gusto utilizzando dei cibi particolari che di solito si mangiano in modo poco consapevole (patatine, frutta secca) o sui cibi tabù che ci si vieta.

Ci si esercita per imparare a sintonizzarci sui segnali della pienezza, della sazietà del gusto.

Esercizi che poi proseguono a casa durante la settimana utilizzando delle griglie di osservazione e brevi letture per aumentare la conoscenza in tema di stile alimentare.