Cibo, senso di pienezza e automatismi

Approfondendo i meccanismi che sostengono un rapporto conflittuale con il cibo, si può scoprire la forza di apprendimenti e/o di convinzioni che influenzano, a volte potentemente, i comportamenti e le opzioni di scelta nei confronti del cibo.

Ad esempio, una difficoltà comune  nella regolazione della quantità del cibo si riscontra nel comportamento – spesso inconsapevole – di terminare tutto il cibo nel piatto. Può essere un’esperienza che può capitare in situazioni sociali, nella veste di invitati o al ristorante. Ma può accadere a casa e anche se si mangia  da soli.

 Abitudini e apprendimento

Osservando i processi psicologici che mantengono questo atteggiamento nei confronti del cibo, è possibile riconoscere meccanismi riconducibili a valori, convinzioni su di sé, aspettative che si attribuiscono agli altri, che possono essere stati appresi anche durante l’infanzia.

Ad esempio alcuni ritroveranno nella propria memoria la richiesta, da parte di genitori o di nonni, di “mangiare tutto quello che c’è nel piatto”.

I comportamenti alimentari che vengono attuati da adulti possono essere stati modellati anche dagli approcci educativi adottati dai propri caregivers.

Nelle narrazioni condivise nei percorsi di Mindful Eating  si ritrovano ricordi di come da piccoli si è stati invitati a finire tutto ciò che c’era nel piatto.

Questi ricordi per alcuni potrebbero rappresentare dei collegamenti significativi con il comportamento alimentare adottato nel presente.

Proseguendo con il ragionamento si può considerare che  mangiare “tutto quello che c’è nel piatto” potrebbe con il tempo portare la persona a mangiare una quantità di cibo eccessiva poiché  si interromperebbe  – quasi per una disabitudine – il collegamento tra il comportamento alimentare e i segnali che provengono dal  corpo – il senso di sazietà e di pienezza.

Per altre persone l’abitudine di concludere il pasto solo dopo aver finito tutto il cibo nel piatto potrebbe aver avuto origine in seguito ad una dieta e all’abitudine di pesare gli alimenti: un’esperienza condivisa in un gruppo di Mindful Eating rivelò che il comportamento di concludere il pasto quando tutto il cibo nel piatto era terminato, nasceva da un pensiero legato al periodo della dieta e ad un senso di frustrazione per avere a disposizione un preciso quantitativo di cibo “mangio tutto perché dopo avrò fame e dovrò aspettare tanto tempo fino al prossimo pasto”.

Potrebbe accadere così che seguendo la spinta a mangiare tutto ciò che c’è nel piatto, la persona perda contatto, anche parzialmente,  con i segnali sensoriali che stimolano gli organi di senso – gusto, olfatto, tatto, vista, udito – ritrovandosi per molto tempo a mangiare del cibo che in realtà non lo soddisfa pienamente.

Con il passare del tempo questi schemi si strutturano, diventano comportamenti automatici che si ripropongono nella vita quotidiana dove non si è sempre consapevoli delle associazioni ed esperienze da cui derivano e dei processi mentali che li sostengono.

Il pilota automatico

La descrizione di queste esperienze aiuta ad introdurre il concetto di pilota automatico con il quale ci si riferisce a molti comportamenti che si mettono in atto in maniera automatica, cioè al di fuori della consapevolezza, e  che per riconoscere si ha bisogno di notare, osservare e comprendere.

Quando è inserito il pilota automatico ci si può ritrovare a seguire abitudini che sono scollegate da una effettiva consapevolezza.

Desidero veramente finire questo pasto o sto seguendo una vecchia abitudine?
Voglio veramente mangiare oppure ho bisogno di non sentire un’emozione negativa?
Mi piace veramente ciò che sto mangiando?

Ritrovare la sintonia tra mente e corpo

In un certo senso quando si agisce sollecitati dal pilota automatico si sta sperimentando una sorta di disconnessione tra mente e corpo.

Innanzitutto non si è in contatto con i segnali del proprio corpo. Non si sceglie sulla base dello stimolo della sazietà e del senso di pienezza, ma perché si è mossi da un’abitudine e da schemi di comportamento automatici.

Il pilota automatico potrebbe ad esempio non far rendere conto se un alimento piace veramente. Mangiare in modo non consapevole, seguendo abitudini e consuetudini, potrebbe anche scollegare dai propri sensi – gusto, vista, olfatto, tatto, udito –per cui non sempre si è capaci di notare se un alimento soddisfa piacevolmente e pienamente i propri sensi.

Le abilità della mindfulness aiutano a riconoscere il proprio pilota automatico, a ritrovare il  contatto con il proprio corpo, con le sensazioni suscitate dalle caratteristiche degli alimenti e si possono fare anche scoperte molto interessanti riguardo a ciò che piace.

In un percorso di Mindful Eating una persona condivise la sorpresa di aver notato che i biscotti che mangiava da anni tutte le mattine a colazione, in realtà non le piacessero.

Consapevolezza e nuovo stile alimentare

Come si può rompere il collegamento automatico tra comportamento alimentare  e processi mentali?

È possibile allenare un’abilità mentale in modo particolare e cioè l’attenzione intesa come capacità di dirigere in modo intenzionale la consapevolezza su quanto sta accadendo nella propria esperienza nel momento presente.

In un percorso di Mindful Eating si possono apprendere le abilità utili a diventare osservatori consapevoli delle proprie sensazioni, emozioni e pensieri e questo permette di riappropriarsi di un senso di padronanza del proprio comportamento nei confronti del cibo piuttosto che percepirlo come automatico o fuori controllo.

Diventare consapevoli della propria esperienza e di come questa sia influenzata dall’attività mentale,  permette di scegliere quale comportamento alimentare  adottare e di limitare il potere di abitudini e automatismi.