Violenza assistita

La violenza assistita da minori è una forma di abuso e maltrattamento psicologico che si verifica quando il bambino è costretto, suo malgrado, ad assistere ad episodi di violenza domestica.

Secondo il Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia (CISMAI) per violenza assistita da minori in ambito familiare s’intende:

 “il fare esperienza da parte del/della bambino/a di qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica (percosse con mani od oggetti, impedire di mangiare, bere e dormire, segregare in casa o chiudere fuori casa, impedire l’assistenza e le cure in caso di malattia…) violenza verbale, psicologica (svalutare, insultare, isolare dalle relazioni parentali ed amicali, minacciare di picchiare, di abbandonare, di uccidere, di suicidarsi o fare stragi…) violenza sessuale (stuprare ed abusare sessualmente) e violenza economica (impedire di lavorare, sfruttare economicamente, impedire l’accesso alle risorse economiche, far indebitare…) compiuta su figure di riferimento o su altre figure significative, adulte o minori; s’includono le violenze messe in atto da minori su altri minori o su altri membri della famiglia e gli abbandoni ed i maltrattamenti ai danni di animali domestici. Di tale violenza il/la bambino/a può fare esperienza direttamente (quando essa avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il minore è a conoscenza della violenza) e/o percependone gli effetti”.

La violenza assistita è riconosciuta come una forma di maltrattamento primario al pari del maltrattamento fisico, psicologico, dell’abuso sessuale e della trascuratezza (Congresso Stop Domestic Violence di Ipswich del 1999).

L’impatto sul minore, testimone impotente della violenza, di queste esperienze traumatiche può portare a conseguenze nel breve e nel lungo periodo.

Infatti, assistere alla violenza inflitta nei confronti di figure di riferimento primarie, come la madre, ad esempio, investono tutte le aree di funzionamento dell’individuo:

  • psicologica
  • emotiva
  • relazionale
  • cognitiva
  • comportamentale
  • corporea

L’entità del danno è influenzata dalla natura e dalla gravità delle violenze di cui il minorenne è testimone, oltre che dalla durata nel tempo.

Caratteristiche del contesto violento

Comprendere le caratteristiche e le conseguenze della violenza assistita non può prescindere dalla comprensione e dall’analisi di quanto è noto rispetto alla violenza domestica. Per questo motivo è importante analizzare attentamente il contesto violento in cui vivono madri e figli dove le violenze si manifestano.

Nelle famiglie in cui il partner maltratta la madre si offre ai figli un esempio disfunzionale di forza e di potere, di lesione della dignità e del rispetto altrui. Nell’ambito della violenza domestica emerge un modello maschile di riferimento prevaricatore nelle relazioni uomo/donna. Il rischio è che un minore testimone di questi comportamenti, faccia propria l’idea che la violenza sia un legittimo strumento relazionale, soprattutto nei rapporti di coppia.

Nonostante non si voglia negare la violenza perpetrata anche nei confronti di soggetti di sesso maschile, è innegabile che il fenomeno della violenza domestica coinvolge soprattutto donne e madri.

Il rapporto OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) del 1996, infatti, afferma:
 “La violenza alle donne è un problema globale di sanità pubblica e una violazione dei diritti umani.”

La violenza domestica è stata paragonata alla tortura poiché le tecniche di coercizione utilizzate sono simili a quelle descritte dai prigionieri politici, dagli ostaggi e dai sopravvissuti ai campi di concentramento.

Scrive Judith Lewis Herman [1], psichiatra, ricercatrice e autrice di un famoso libro sul trauma: “I metodi per stabilire un controllo su un’altra persona si fondano sull’inflizione sistematica e ripetitiva di un trauma psichico attraverso un sistema di tecniche di privazione del potere e isolamento. I metodi di controllo psicologico sono volti a instillare terrore e impotenza e a distruggere la coscienza di sé della vittima nel rapporto con gli altri.
Non è necessario usare costantemente la violenza per mantenere una persona in uno stato di paura continua. La minaccia, inclusa quella di morte, è infatti molto più frequente del vero e proprio ricorso alla violenza così come lo sono le minacce fatte ad altri, che spesso risultano efficaci tanto quanto quelle rivolte alla vittima.
La paura aumenta anche a causa delle esplosioni incoerenti e imprevedibili di violenza e dal rafforzamento aleatorio di regole insignificanti.
L’effetto ultimo di queste tecniche è quello di convincere la vittima che l’oppressore è onnipotente, che ogni resistenza è inutile e che la sua vita dipende dall’ottenimento della sua indulgenza attraverso una assoluta compiacenza.”

 Effetti della violenza sul genitore maltrattato

Vivere in un contesto di violenza significa vivere in uno stato costante di allerta. Questa esperienza è dominata da vissuti di ansia, paura e impotenza, arrivando a  compromette la capacità della madre di esercitare un’adeguata funzione protettiva ed affettiva. Molteplici sono le declinazioni e le conseguenze della violenza domestica in relazione alla capacità genitoriale:

  • Il maltrattamento si manifesta spesso attraverso la svalutazione del ruolo di madre da parte del partner violento, generando meccanismi di rinuncia e di distanziamento che rendono la donna poco disponibile emotivamente nei confronti dei figli.
  • La continuità e la coerenza delle cure che una madre dà ai figli possono essere fortemente condizionate dalla situazione di violenza, dando vita a comportamenti altalenanti a seconda che il partner sia o non sia presente.
  • Gli effetti psicologici della violenza sulla madre maltrattata potrebbero spingerla ad adottare stili educativi rigidi-punitivi, controllanti o, al contrario, rinunciatari rispetto al ruolo di genitore.
  • La situazione di subalternità e la costante preoccupazione per l’incolumità psicofisica propria e dei figli, porta la madre a vivere oscillando in una posizione orizzontale con i figli, invalidando il suo ruolo genitoriale.
  • Gli effetti del maltrattamento influenzano profondamente anche la rappresentazione mentale che le madri hanno dei figli. Sono ricorrenti letture distorte dei comportamenti dei bambini, facilmente interpretati come aggressivi e irrispettosi che nascondono la paura di rivedere riproposto nel minore, il comportamento maltrattante del genitore violento.

Effetti della violenza sui figli: testimoni e vittime

È riconosciuto che l’esposizione alla violenza rappresenta una situazione traumatica che può produrre conseguenze significative sull’adattamento e lo sviluppo dell’individuo, rendendolo vulnerabile rispetto all’emergere di forme di psicopatologia.

Gli studi e i dati che cercano di fare luce sugli effetti che l’esposizione alla violenza di un minore generano, fanno riferimento a diversi modelli teorici di riferimento:

  • modello teorico dello stress
  • teoria dell’attaccamento
  • modello dell’apprendimento sociale
  • modello sistemico-relazionale
  • modello cognitivo

Le ricerche hanno approfondito la relazione tra contesto maltrattante e sviluppo della capacità di regolazione emotiva, evidenziando come i bambini che hanno vissuto in contesti maltrattanti non siano in grado di autoregolarsi in modo adattivo, esibiscano una maggiore emotività negativa e manifestino espressioni emotive inappropriate in relazione al contesto. Questi bambini si rivelano più distraibili ed iperattivi rispetto ai coetanei provenienti da contesti non maltrattanti.

Le capacità deficitarie di regolazione riguardano prevalentemente la modulazione del comportamento, dell’attenzione e dell’emozione, aspetti centrali per l’adattamento sociale dei bambini in quanto favoriscono lo sviluppo del Sé, una buona realizzazione scolastica e relazioni interpersonali soddisfacenti.

I bambini che assistono alla violenza spesso non hanno mai parlato di questa esperienza.

È possibile che madre e bambino si proteggano inconsapevolmente dal contatto con i ricordi dolorosi, rinforzandosi reciprocamente nell’utilizzo di meccanismi di negazione e di minimizzazione.

I minori possono oscillare tra comportamenti protettivi verso la madre e comportamenti controllanti e ostili nei suoi confronti.

Oppure, possono percepire inaffidabile il supporto emotivo materno, generando un senso di incertezza che può manifestarsi in un atteggiamento di eccessiva responsabilizzazione.

Nei minori vittime di violenza assistita, è possibile rilevare una sofferenza generata da senso di colpa, vergogna e, a volte, un codice emozionale disorganizzato, accompagnato da una stratificazione di stereotipi di genere.

La protezione dei bambini, testimoni di violenza, inizia con la protezione delle loro madri.

È importante comprendere, però, che il maltrattamento non si riferisce solo all’episodio violento ma include il maltrattamento psicologico e le forme di persecuzione che possono continuare anche dopo la scelta della madre di allontanarsi insieme ai figli dal partner maltrattante.

Ristabilire una sensazione di sicurezza nei bambini che sono stati testimoni e vittime di episodi traumatici, rappresenta l’esito di un graduale processo di riparazione al quale concorrono diversi fattori:

  • ristabilire un senso di sicurezza nella madre, a sua volta vittima di violenza
  • creare una rete sociale di sostegno al nucleo familiare
  • spronare la disponibilità emotiva della madre a riconoscere il danno subito dai propri figli
  • accompagnare la madre in un percorso di rafforzamento della propria capacità responsiva, ovvero, la capacità di riconoscere e di rispondere ai bisogni emotivi del bambino

Note e approfondimenti

[1]Guarire dal trauma. Affrontare le conseguenze della violenza, dallabuso domestico al terrorismo. di Judith L. Herman e R. Russo

www.centrotiama.it

www.cismai.it